Il triclosan, un paradosso. L’effetto boomerang dell’antibatterico presente nei saponi per mani e nei dentifrici è stato appena denunciato in uno studio su Antimicrobial Agents & Chemotherapy.
I ricercatori della Washington University di St. Louis hanno confermato con una serie di esperimenti sui topi un sospetto diffuso da tempo: il disinfettante introdotto nei detergenti, il triclosan, per eliminare microrganismi potenzialmente dannosi favorisce l’insorgere dell’antibiotico-resistenza compromettendo così l’efficacia delle terapie antibiotiche per infezioni comuni, soprattutto quelle del tratto urinario.
I ricercatori hanno osservato in laboratorio il differente effetto degli antibiotici sulle cellule esposte al triclosan e su quelle non esposte: la sostanza antibatterica aumentava in maniera sostanziale il numero delle cellule sopravvissute ai farmaci.
Normalmente sopravvive agli antibiotici una cellula su un milione, una quantità che un sistema immunitario funzionante può facilmente tenere sotto controllo. Ma il triclosan stravolge lo scenario permettendo la sopravvivenza di un microorganismo su 10 mettendo così a dura prova le difese dell’organismo. Le conseguenze? Viene compromessa l’efficacia di una vasta gamma di antibiotici, ma soprattutto della ciprofloxacina, l’antibatterico più usato per le infezioni del tratto urinario.
Secondo alcuni studi precedenti circa il 75 per cento degli adulti negli Stati Uniti possiede nelle urine tracce evidenti di triclosan. I ricercatori si sono chiesti se e in che misura la presenza della sostanza interferisce con il trattamento delle infezioni urinarie.
Per scoprirlo hanno condotto degli esperimenti su topi, alcuni dei quali sono stati dissetati con acqua addizionata con triclosan. I livelli di triclosan nelle urine di questi animali erano comparabili a quelli riscontrati negli esseri umani.
Le infezioni urinarie indotte nei topi sono state curate con l’antibiotico ciprofloxacina. Ebbene, terminata la terapia antibiotica, i topi che avevano assunto triclosan mostravano un numero superiore di batteri nelle urine e all’interno della vescica in confronto agli animali che avevano bevuto acqua non contaminata. La differenza è talmente grande da rendere difficile, se non impossibile, assolvere il triclosan.
«Se la differenza nel numero di batteri tra i due gruppi fosse stata inferiore a dieci volte, sarebbe stato difficile affermare che il triclosan era il colpevole. Ma abbiamo trovato una quantità di batteri 100 volte superiore nelle urine di topi trattati con triclosan. È una cifra enorme», ha dichiarato Petra Levin, biologo della Washington University tra gli autori dello studio.
Gli scienziati hanno anche cercato di ricostruire il meccanismco con cui il triclosan manda in fumo l’azione degli antibiotici. Sembra che la sostanza antibatterica agisca innescando una molecola dell’organismo chiamata ppGpp responsabile in parte della resistenza dei batteri alle terapie.
I ricercatori hanno messo a confronto il comportamento dei batteri Escherichia coli modificati per non produrre la ppGpp con quelli capaci di produrla. Scoprendo che in assenza della molecola, il triclosan era incapace di svolgere la sua funzione di scudo nei confronti degli antibatterici.
I ricercatori, in attesa di studi sugli esseri umani, invitano a riconsiderare l’uso di antimicrobici nei prodotti di consumo quotidiani. 6
Intanto le aziende stanno prendendo atto delle prove scientifiche contro il triclosan, responsabile non solo di produrre antibiotico-resistenza, ma classificato tra i potenziali interferenti endocrini, e molte di esse lo stanno rimuvendo dai nuovi prodotti.